Evasione ed elusione fiscale

 L'evasione e l'elusione sono due concetti associati di sovente, ma fra essi intercorrono notevoli differenze benché in entrambi i casi l’effetto prodotto sia il medesimo: ridurre il prelievo tributario. Analizziamo quindi insieme quali casi ricadono sotto l'una e quali sotto l'altra categoria.

 

Evasione ed elusione fiscale

Il concetto di evasione fiscale è noto a tutti, considerate le rilevanti ripercussioni sul bilancio dello stato; tuttavia, non è sempre agevole distinguere l’evasione da un altro fenomeno: l’elusione fiscale. I due concetti sono associati di sovente, ma fra essi intercorrono notevoli differenze benché in entrambi i casi l’effetto prodotto sia il medesimo: ridurre il prelievo tributario. Ma, come detto, l’evasione e l’elusione fiscale sono fenomeni distinti. Si rende necessario allora comprendere quali ipotesi ricadano sotto la categoria dell’evasione fiscale e quali invece ricadano sotto l’ambito applicativo dell’elusione fiscale, che presenta peraltro dei connotati specifici.

L’evasione fiscale

Il concetto di evasione fiscale è comunemente riferito ad ogni generico comportamento, commissivo od omissivo, attraverso il quale i cittadini non rispettano le norme di legge in ambito fiscale allo scopo di  pagare meno tasse o imposte rispetto a quelle legalmente dovute. Ad esempio, un esercizio commerciale che vende prodotti senza emettere lo scontrino commette evasione fiscale poiché la transazione - non essendo registrata fra i ricavi dell’esercizio - sarà sottratta dalla dichiarazione dei redditi imponibili sulla quale vengono di norma calcolate le imposte da pagare.

Altra classica, e ricorrente, ipotesi di evasione fiscale si ha quando il contribuente, nonostante i ricavi, presenti una dichiarazione dei redditi incompleta, omettendo tutte o parti di voci di reddito imponibile, così da ridurre il prelievo fiscale. Dunque, con l’evasione fiscale si mira ad occultare e a contrastare il prelievo fiscale attraverso comportamenti principalmente omissivi, quali la mancata registrazione di alcune operazioni e l’incompleta (o assente) dichiarazione di alcuni redditi imponibili.

L’elusione fiscale

L’elusione fiscale è un concetto di più difficile esplicitazione, poiché lambisce da un lato il legittimo il risparmio d’imposta e dall’altro l’evasione fiscale.

L’evasione fiscale, come detto, è generalmente realizzata attraverso una violazione diretta delle norme fiscali che provochi l’occultamento  dell’imposta. Invece, il contribuente che elude il Fisco persegue il medesimo obiettivo senza violare in via diretta ed immediata una norma tributaria a lui applicabile. Il procedimento mediante il quale si configura l’elusione fiscale è più complesso, in quanto il contribuente si serve degli strumenti giuridici legalmente previsti per perseguire finalità eccentriche rispetto a quelle per la quale sono istituti. Si parla invero di esercizio abusivo del diritto tributario, laddove per abuso del diritto ci si riferisce ad esempio alla commissione di una serie di operazioni prive di spessore economico che l'impresa mette in atto con l'obiettivo principale di ottenere risparmi di imposta attraverso l'utilizzo distorto di schemi giuridici che singolarmente ed in astratto sarebbero perfettamente leciti, ma valutati in concreto assumono un significato elusivo.

Dunque, l’elusione fiscale si configura quando il contribuente esercita un vero e proprio abuso del diritto, ossia la messa in pratica di comportamenti formalmente leciti ma che hanno come scopo ultimo quello di raggirare le leggi a proprio vantaggio, ottenendo un risultato sostanzialmente illecito: la diminuzione del prelievo fiscale rispetto a quanto legittimamente dovuto.

In tali ipotesi quindi il contribuente non applica il regime fiscale normativamente previsto ed applica abusivamente una disciplina fiscale più favorevole. É bene precisare però che l’abuso del diritto non coincide necessariamente con l’elusione fiscale, ma è la categoria giuridica astratta in base alla quale un comportamento concreto può essere giudicato elusivo.

L’interpello

Da tale premessa emerge a colpo d'occhio che non vi sia un modello univoco di comportamento elusivo, di talché il legislatore ha previsto un’apposita forma di interpello volta a chiarire la natura dubbia di determinate operazioni fiscalmente rilevanti. L’interpello consiste in un’istanza che il contribuente rivolge all’Agenzia delle Entrate prima di effettuare un comportamento fiscalmente rilevante, al fine di ricevere chiarimenti in ordine ad un caso concreto e personale dal quale sorgano dubbi interpretativi inerenti all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge sulla tassazione.

Va precisato inoltre che nelle ipotesi di operazioni sospettate di elusività, il contribuente può chiedere preventivamente un parere alla Direzione generale dell’Agenzia delle entrate, esplicitando gli elementi utili ai fini della corretta qualificazione tributaria del caso prospettato. Successivamente è possibile esperire anche un interpello speciale (ad hoc per i casi di operazioni elusive) sempre di competenza della Direzione generale dell’Agenzia delle Entrate.

La Direzione generale dell’Agenzia delle Entrate è obbligata a dare riscontro entro 120 giorni. Tuttavia, esaurito questo termine temporale senza alcuna risposta, il silenzio serbato dall’Agenzia assume valore di silenzio-assenso, di conseguenza l’Agenzia delle Entrate non potrà successivamente contestare l’operazione posta in essere dal contribuente per il quale quest’ultimo ha presentato un’istanza di interpello senza ottenere risposta.

Le caratteristiche dell’elusione fiscale

L’elusione fiscale, come detto, si configura allorquando vi siano operazioni prive di sostanza economica che, pur rispettando formalmente la normativa tributaria di riferimento, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. I presupposti per l’esistenza dell’abuso-elusione sono:

  • l’assenza di sostanza economica dell’operazione effettuata;
  • la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
  • la circostanza che il vantaggio sia l’effetto essenziale dell’operazione.

Le operazioni prive di sostanza economica sono quelle nelle quali i fatti, gli atti e i contratti, anche interconnessi, sono inidonei a produrre risultati economici reali diversi dai vantaggi fiscali. Del resto, la carenza di sostanza economica (cioè di convenienza reale e sostanziale) si può evincere dalla contraddittorietà (intrinseca) delle singole operazioni e dalla contraddittorietà (estrinseca) delle stesse rispetto alle normali logiche di mercato.

I vantaggi fiscali sono gli indebiti ed essenziali allorquando, sebbene a posteriori, producano prevalentemente benefici fiscali causalmente connessi alle suddette operazioni. Perciò in contrasto con le ratio e la finalità delle norme fiscali e dei principi dell’ordinamento tributario.

L’aggiramento della norma impositiva nell’elusione fiscale

In primo luogo, è necessario accertare se sia stato conseguito un vantaggio fiscale. La sussistenza del requisito del vantaggio fiscale rappresenta l’elemento imprescindibile dell’elusione. Invero, non vi è elusione se non si consegue un risparmio d’imposta.

Per esaminare la sussistenza di un vantaggio è opportuno porre a confronto lo schema realizzato attraverso le operazioni societarie e un modello standardizzato. É, in altri termini, necessario comparare due comportamenti: quello con la minor imposta che è stato realizzato, e quello fisiologico, ma più costoso, che è stato evitato. Emerge chiaramente che l’alternativa fra i due comportamenti (quello più oneroso ma fisiologico vs quello meno oneroso ma atipico) deve essere concretamente esercitabile dal contribuente, non si deve trattare invece di una scelta sottratta alla volontà del contribuente o subordinata alla volontà di terzi.

Una volta accertato che il contribuente, avendo più comportamenti alternativi a disposizione, ha effettuato quello meno onerosa, è necessario verificare se egli ha ottenuto un risparmio legittimo o un risparmio indebito, tale da connotare l’intera operazione come elusiva. Sarà indebito qualora l’operazione risulti preordinata a bypassare prescrizioni e divieti già previsti dall’ordinamento tributario.

Se i due schemi alternativi sono fiscalmente equivalenti non vi è aggiramento e, quindi, elusione. Vi è invece aggiramento laddove fra i due modelli uno risulti come modello standard, ossia come operazione economica fisiologica che il contribuente avrebbe ragionevolmente dovuto seguire poiché conforme alla logica delle norme impositive; mentre il diverso modello che è stato seguito è, per converso, anomalo, in quanto disarmonico rispetto all’assetto normativo vigente quanto a ratio e finalità.

Il vantaggio fiscale non è sempre elusivo

Ciò premesso, è doveroso sottolineare però che il vantaggio fiscale non è sempre elusivo; infatti, se il contribuente ha agito per ragioni economiche sostanziali, seppur alternative, non può esser accusato di elusione fiscale. Opera dunque come esimente la circostanza per cui l’operazione economica sia motivata prevalentemente da ragioni economiche extrafiscali. In sostanza, se l’operazione è stata compiuta anche senza vantaggi fiscali si può concludere che essa non ha carattere elusivo nonostante il vantaggio fiscale.

Ipotesi di elusione fiscale

Vi sono due ipotesi ricorrenti di elusione fiscale. La forma più lampante di elusione si verifica quando l’operazione è assolutamente sfornita di ragioni economiche e la finalità di riduzione fiscale è l’unica ragione dell’operazione, dalla quale non deriva alcun altro risultato economico di rilievo.

È il caso, ad esempio, di una società che non svolge alcuna attività economica ed è stata costituita in un cosiddetto paradiso fiscale al sol fine di detenere partecipazioni i cui proventi in quello stato non sono tassati o sono tassati in misura ridotta rispetto alla tassazione del nostro Paese.

Ovvero si pensi ancora ad una fusione con la quale una società incorpora un’altra società non più operativa, non al fine di implementare la sua capacità produttiva, ma solo per usufruire dei vantaggi fiscali derivanti dalla fusione.

Un’altra ipotesi esemplificativa di operazione elusiva, carenti valide ragioni economiche, è data dalle “esportazioni a U”, attraverso le quali, allo scopo di fruire della restituzione di dazi doganali per l’esportazione di prodotti agricoli, le merci vengono consegnate al destinatario estero e immediatamente restituite, senza alcun utilizzo, all’esportatore.

Rientra, tuttavia, nel concetto di elusione fiscale anche alcuni casi più marginali che, come detto, lambisco da un lato il risparmio economico e dall’altro l’abuso del diritto. Sono ipotesi borderline quelle nelle quali ci sono ragioni economiche sottese, ma tali ragioni economiche sono deboli o parziali, mentre il fine prevalente è quello fiscale, senza il quale l’operazione non sarebbe stata attuata. Non è dunque necessario che lo scopo fiscale sia l’unico scopo dell’operazione, ma occorre che sia essenziale.

Elusione o risparmio lecito d’imposta?

Non vi è invece elusione, ma legittimo risparmio d’imposta, se il comportamento tenuto non realizza l’aggiramento di specifiche disposizioni fiscali ed è motivata da sostenibili ragioni extrafiscali.

La logica di fondo, infatti, è quella per cui i contribuenti godono di autonomia negoziale, tale per cui sono liberi nell’esercizio delle loro scelte economiche alternative di scegliere quella fiscalmente più conveniente.

Il risparmio fiscale non è abusivo, e quindi indebito, se è il risultato di una disposizione tributaria conforme, tanto in punto di disciplina applicabile quanto in punto di logica economico-fiscale (ratio). In siffatte ipotesi, il sistema delle norme tributarie permette che il contribuente, di fronte a due comportamenti alternativi, scelga quello che risulta meno oneroso.

Ad esempio, nella localizzazione di un’attività produttiva viene scelta la zona per la quale sono previste delle agevolazioni e viene quindi realizzato un investimento conforme alla ratio della norma agevolativa, il contribuente, fruendo delle agevolazioni, ottiene un risparmio fiscale, che non può essere considerato abusivo né elusivo, perché non vi è abuso rispetto alle norme agevolative né vi è elusione delle imposte dovute secondo quanto previsto dall’ordinamento.

La frode fiscale

L’evasione e l’elusione fiscale non sono gli unici comportamenti fiscalmente rilevanti sanzionati dall’ordinamento, esiste invero anche il reato (al raggiungimento di determinate soglie economiche) di frode fiscale.

Il tratto caratterizzante della frode fiscale è il  comportamento fraudolento, al fine di raggirare il Fisco. L’ipotesi tipica di frode fiscale è rappresentata dal mancato pagamento delle imposte attraverso l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Tuttavia, come anticipato, non ogni ipotesi di frode fiscale costituisce un reato, ossia un illecito di natura penale la cui competenza è affidata alle Procure della Repubblica (e di cui solitamente in fase iniziale si occupa l’Agenzia delle Entrate). Soltanto le ipotesi finanziariamente più rilevanti cosiddette sopra  soglia, quelle meno rilevanti finanziariamente (sotto soglia) sono invece assoggettate a sanzione tributaria di natura amministrativa, come per l’evasione e l’elusione fiscale, senza alcuna ripercussione sul casellario giudiziario.

Il procedimento sanzionatorio amministrativo si apre con l’iscrizione del ruolo, ossia un atto interno alla Pubblica Amministrazione con cui l’ente titolare del credito certifica ufficialmente l’importo non corrisposto dal contribuente e lo comunica all’agente della riscossione (che, per le imposte erariali, è Agenzia Entrate Riscossione). Quest’ultimo poi procede alla cosiddetta riscossione esattoriale che, di norma, viene preceduta dalla celeberrima cartella esattoriale. 

Quando invece l’accertamento è “direttamente esecutivo” (quello, ad esempio, emesso dall’Agenzia delle Entrate o dall’Inps), in luogo della cartella, l’Esattore predispone una comunicazione di «presa in carico». L’effetto è il medesimo: rendere noto al contribuente che, se non paga, subirà il pignoramento.

Archiviazione per particolare tenuità del fatto

Il nuovo decreto fiscale, nell’alzare le soglie di punibilità (che vedremo) al di sopra dei 5 anni, ha fatto venir meno la possibilità – prima ammessa dalla giurisprudenza quando non vi era ripetizione, in più anni, dello stesso illecito – di chiedere l’archiviazione per particolare tenuità del fatto. Dunque, i soggetti imputati di evasione penalmente rilevante potranno sperare soltanto in una sentenza di assoluzione nel merito o di prescrizione del reato.

Applicazione nuove soglie di punibilità penale dei reati tributari 

Come detto, gli illeciti tributari assumono natura penale (reati) soltanto qualora superino determinate soglie normativamente previste e diverse a seconda del tipo di reato commesso. 

Si consideri che tutti i reati commessi prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del  nuovo decreto fiscale  (avvenuta sabato 26 ottobre 2019) sono assoggettati alle vecchie pene. Poiché la nuova normativa prevede un trattamento sanzionatorio più grave, in quanto tale non retroattivo. Pertanto, a titolo esemplificativo, chi fino a questa data ha evaso 149mila euro a titolo di dichiarazione infedele, non ha commesso reato nonostante il nuovo limite per il penale sia ora di 100mila euro.

Il DL 124/2019, più noto come decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio per il 2020, ha apportato sostanziose novità in materia di reati tributari. In particolare, da un lato sono state nuovamente abbassate le soglie di punibilità penale oltre le quali scatta il reato; dall’altro, sono aumentate le pene per gli evasori.

L’attuale regime punitivo penalistico:

  • Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti Art. 2 c. 1-2-bis = Reclusione da  quattro a otto anni. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
  • Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici Art. 3 c. 1 = Reclusione da  tre a otto anni.
  • Dichiarazione infedele Art. 4 c. 1-1ter = Reclusione da due anni a quattro anni e 6 mesi. Il reato è punito se congiuntamente:

1) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 100mila

2) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.

  • Omessa dichiarazione redditi/IVA Art. 5 c. 1 = Reclusione da due a cinque anni
  • Omessa dichiarazione di sostituto d’imposta Art. 5 c. 1-bis = Reclusione da due a cinque anni
  • Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti Art. 8, c. 1-2 = Reclusione da quattro a otto anni Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
  • Occultamento o distruzione di documenti contabili Art. 10 = Reclusione da tre a sette anni
  • Omesso versamento di ritenute dovute o certificate Art. 10-bis = È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 150mila euro
  • Omesso versamento di IVA Art. 10-ter = È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 250 mila euro.

La natura giuridica delle soglie di punibilità

Elencate le differenti soglie di punibilità penale, è doveroso evidenziare infine la discussa natura giuridica delle soglie, in specie la loro qualificazione in termini di elementi costitutivi o di condizioni obiettive di punibilità, dilemma qualificatorio destinato ad assumere consistente rilievo applicativo: se invero, si riconosce alle soglie natura di elemento costitutivo, le stesse devono essere investite dal dolo, sicché, per l'affermazione di responsabilità, è necessaria la prova che il dolo dell'agente abbia attinto le soglie stesse nella loro precisa consistenza quantitativa. Viceversa, qualificandole come condizioni obiettive di punibilità, è sufficiente, ai fini della responsabilità penale, la prova che la rappresentazione e la volontà abbiano investito, quanto alla frode fiscale, il solo quantum di elementi attivi e passivi falsamente indicati in dichiarazione a fini di evasione, costituendo un elemento estraneo alla condotta, e quindi al dolo, l'effettivo quantum di imposta evasa.

Ebbene, quanto alla frode fiscale, a fronte di chi in dottrina sostiene che le soglie di cui agli Frode fiscale artt. 3 e 4, d.lgs.. 10 marzo 2000, n. 74, costituiscono mere condizioni estrinseche di punibilità, esterne al fatto ed estranee al piano dell'offesa, prevale la tesi che vi ravvisa un elemento costitutivo del reato, in specie l'evento dello stesso. Si osserva, in particolare, che l'evasione, lungi dal costituire un accadimento futuro ed incerto, indipendente dalla volontà del colpevole, è elemento legato alla condotta delittuosa da un nesso di causalità, destinato ad accentrare in sé il disvalore del fatto. In termini si sono espresse le Sezioni unite con sentenza 13 dicembre 2000, n. 35 secondo cui l’evasione di imposta integra l'evento di danno del reato. Consegue che il superamento delle soglie deve essere preveduto e voluto dall'agente quale conseguenza della sua condotta. Nello stesso senso si è espressa di recente la Cassazione 42 in relazione al reato di cui all'art. 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, m.74, affermando che nell' "omesso'' versamento di IVA la soglia di punibilità - fissata, in seguito alle modifiche apportate dal d.lgs.. n. 158 del 2015, in 250.000 tuTO - configura un elemento costitutivo del reato, con la conseguenza che la sua mancata integrazione comporta l'assoluzione con la formula "il fatto non sussiste".

Ogni domanda è benvenuta, non esitare a contattarmi!

Filippo Lando Dottore Commercialista

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