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Definizione e disciplina del patto di famiglia
Il patto di famiglia è un contratto disciplinato agli articoli 768 bis e seguenti del Codice Civile con il quale l'imprenditore o il socio di una società possono trasferire, in tutto o in parte ad uno o più discendenti, ossia a figli o nipoti, l'azienda o le proprie quote sociali.
In pratica, il patto di famiglia consente di anticipare la successione dell'imprenditore, permettendo il passaggio generazionale all'interno dell'impresa e sottraendola a future dispute ereditarie. Ciò garantisce la continuità aziendale, spesso compromessa da questioni familiari attinenti alla titolarità dell’azienda successive alla morte del titolare.
La possibilità di stipulare un patto di famiglia rappresenta una eccezione al divieto di patti successori, ossia alla regola secondo cui non producono alcun effetto gli accordi che si riferiscono ai beni di una successione non ancora aperta.
Il patto di famiglia riguarda quindi gli eredi legittimari (ossia tutti quei soggetti cui la legge riserva una quota di legittima sull’eredità del defunto) e deve essere stipulato tramite atto pubblico, da farsi quindi innanzi ad un Notaio.
Al contratto dunque devono partecipare non solo l’imprenditore e il beneficiario (al quale viene intestata in via anticipata rispetto alla morte la titolarità dell’azienda) ma anche il coniuge e tutti gli altri legittimati, ossia coloro i quali sarebbero chiamati ad ereditare se in quel momento si aprisse la successione dell'imprenditore.
Il beneficiario/i (ossia colui che ottenuto la titolarità dell’azienda in via anticipata, ad esempio un figlio che si sia dimostrato particolarmente capace in azienda) sarà tenuto a liquidare, in denaro o in natura, gli altri legittimari (ad es fratelli non assegnatari) partecipanti al contratto, a meno che questi ultimi non vi rinuncino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote di legittima.
Si tratta in sostanza di un anticipo dell’eredità. I legittimari che prendono parte al patto di successione rinunciano infatti a partecipare alla successione ed alla divisione ereditaria sui beni formanti oggetto dell’azienda o sulle quote sociali.
Il patto di famiglia costituisce altresì una eccezione all'azione di riduzione ex art. 533 Codice Civile, attraverso cui i legittimari potrebbero agire in giudizio al fine di ottenere la reintegrazione della quota di legittima nel caso in cui questa fosse compromessa da atti dispositivi del soggetto disponente.
La fiscalità del patto di famiglia
La fiscalità del patto di famiglia secondo la Cassazione: tra donazione diretta (tassabile) e donazione indiretta (non tassabile)
Come detto il patto di famiglia permette all’imprenditore di gestire il momento del passaggio generazionale senza creare pregiudizio nei confronti degli aventi diritto alla successione legittima, in quanto i discendenti e i legittimari a cui non viene trasferita la proprietà aziendale sono obbligatoriamente compensati dal beneficiario con una somma che può essere erogata in denaro o in natura. Allo stesso tempo il beneficiario è tutelato da possibili rivendicazioni da altri familiari, in quanto al patto di famiglia non sono applicabili gli istituti della collazione e della riduzione. Ciò pone però alcune criticità fiscali che impongono una rigida regolamentazione e una corretta interpretazione.
Anzitutto, il patto di famiglia deve rispettare alcune condizioni per essere valido:
- al contratto devono partecipare il coniuge, i discendenti tutti ed i legittimari alla successione;
- tutti coloro che prendono parte al contratto devono essere d’accordo sulla nomina del beneficiario che acquisirà la titolarità dell’azienda;
- l’atto deve essere redatto in presenza di un notaio ed ha obbligatoriamente la forma dell’atto pubblico.
Secondo quanto previsto inizialmente dalla normativa, il patto di famiglia sconterebbe un regime di favore in materia di imposte indirette, con l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni e dalle imposte ipotecarie e catastali su immobili aziendali compresi nel trasferimento.
Le condizioni elencate dalla norma sono le seguenti:
- il destinatario del trasferimento deve essere un discendente del disponente;
- se l’oggetto del trasferimento sono partecipazioni in società di capitali, il beneficiario del trasferimento deve essere in grado di acquisire una quota di controllo sulla società;
- il beneficiario del trasferimento deve proseguire l’attività d’impresa per almeno 5 anni.
La Cassazione però non è di questo avviso: con l’ordinanza n. 19561/2022, infatti, ha confermato l’applicazione dell’imposta sulle donazioni non solo sul trasferimento d’azienda dal disponente al discendente designato, ma anche sulle compensazioni che questi dispone a favore degli altri discendenti e legittimari. L’ordinanza in questione riprende quanto già espresso con l’ordinanza n. 32873/2018. La Corte riconosce infatti nel patto di famiglia il carattere della liberalità diretta (nel caso del trasferimento d’azienda) e indiretta (nelle compensazioni dovute dall’imprenditore che provengono dal suo patrimonio).
Con riferimento alle imposte dirette, invece, il patto di famiglia continua a configurarsi come un atto gratuito, quindi non genera alcuna plusvalenza tassabile.
Nella risposta a interpello n. 37/2020 veniva chiesto se la fattispecie del patto di famiglia può essere applicata qualora la quota di controllo di una società di capitali è frammentata tra più discendenti, ma in regime di comunione dei beni e con la nomina di un rappresentante comune. L’Agenzia ha risposto positivamente, confermando che la disciplina può essere applicata anche ai trasferimenti che consentono l’acquisizione del controllo in regime di comproprietà. In questo caso particolare, la nomina di un rappresentante comune è condizione necessaria alla conclusione del contratto.